lunedì, Ottobre 7, 2024

Storytelling in pratica. Come lo uso e quando.

Le storie sono affascinanti, ci portano in luoghi meravigliosi e hanno il potere di farci vivere sensazioni ed emozioni vere (si chiama risonanza cognitiva) inoltre, che non guasta, sono un guida sicura nella comunicazione d’impresa.

Proviamo a capire bene cosa vuol dire Storytelling. Partiamo dall’inizio, ti va?

Le storie funzionano perché ognuno di noi ragiona e pensa narrativamente.
Siamo storie: i ricordi, le emozioni, i progetti per il futuro, sono tutti momenti che la nostra mente costruisce come se fossero racconti. Addirittura, quando progettiamo il futuro, lo facciamo partendo dalle nostre esperienze passate, ovvero dalle informazioni che abbiamo custodito nella nostra mente.
La scienza, poi, ci dice che le storie attivano parti del nostro cervello che, fra le altre cose, sovrintendono alle emozioni e alla memorizzazione. In sostanza, ricordiamo attraverso le storie.
Se ti chiedo: “cosa è per te l’amicizia?”, il tuo cervello andrà alla ricerca di momenti della tua vita in cui hai vissuto sensazioni che poi hai associato al significato di amicizia e, dunque, la tua idea di amicizia sarà collegata alle storie che hai vissuto. In sostanza, attraverso un’esperienza (che è memorizzata come una storia), noi definiamo un concetto.

Pensa poi a questo: spessissimo, quando abbiamo bisogno di spiegare un concetto complicato a un’altra persona, utilizziamo “l’esempio”. Allo stesso modo, quando facciamo fatica a capire quello che ci stanno dicendo, chiediamo sempre: “mi puoi fare un esempio?”. Che poi, è la stessa cosa che ho fatto io adesso.
Un esempio è una piccola storia costruita ad hoc o che pesca in un ricordo.

Di Storytelling si parla tantissimo perché è entrato prepotentemente nelle nostre vite. Sopratutto fra i professionisti della comunicazione.

E a ragione, aggiungerei, a patto di utilizzare le tecniche narrative nel giusto contesto, con una organizzazione dei temi e degli argomenti da trattare.
Capita, troppo spesso, di pensare che citare la “vecchia nonna” che mi insegnava cose, o citare frasi tipo “questa è la nostra storia, questo siamo noi” oppure “la nostra storia e la storia dei nostri clienti”, insomma potrei andare avanti per ore, sia fare Storytelling, come se il semplice uso della parola Storia voglia dire essere narrativi. Non è così. La cosa è più affascinante, ma più complessa, e richiede idee chiare e nozioni specifiche.

Dunque, per descrivere meglio l’importanza della Narrazione d’Impresa (Storytelling), andando oltre al semplice idea di racconto, ho messo insieme un po’ di applicazioni che sono utili ad inquadrare la materia e per definire, il meglio possibile, cosa intendiamo per Narrazione d’Impresa.

Ok, facciamo una veloce premessa: Storytelling fa riferimento al termine Racconto, e non al termine Storia come molti pensano. E c’è una differenza sostanziale. Quando parliamo di Racconto, l’elemento temporale è una guida per lo svolgimento della storia, ma insufficiente. Perché nel racconto noi coinvolgiamo le emozioni, i sentimenti, mostriamo ciò che avrebbe potuto essere, ma non è stato.
Diversamente, il termine Storia ha come fondamento lo scorrere degli eventi cronologicamente, mostrandoli così come sono accaduti, senza un vero perché e senza mostrare le conseguenze del loro avvenire.
Due cose diverse con diverse applicazioni e utili a seconda dei casi.

Ora, come dicevo, ci sono diverse applicazioni delle tecniche narrative.

Andiamo oltre il significato del racconto in se e ragioniamo sulla efficacia delle tecniche che si applicano alla narrazione. Tutto gira attorno al concetto da cui siamo partiti: Siamo storie e, aggiungo ora, le storie sono tutte intorno a noi.
Vediamo alcuni ambiti.

Primo: le tecniche narrative ti aiutano a definire il processo d’acquisto delle persone.

Premessa: il processo d’acquisto disegna il comportamento di una persona che, più o meno improvvisamente, ha una necessità, ovvero un bisogno da soddisfare.
Vuole acquistare per soddisfare i suoi desideri, ma prima ha bisogno di informarsi, capire, trovare suggerimenti, elaborare idee. Solo alla fine di questo percorso, sceglierà ciò che considera il meglio per lei.
Bene, grazie alle tecniche narrative puoi comprendere il processo d’acquisto del tuo mercato e riuscire a coccolare i tuoi clienti dando loro un motivo per sceglierti.
Perché, di fatto, il processo d’acquisto puoi rappresentarlo con lo schema tipico della narrazione: il cosiddetto “viaggio dell’eroe”, che altro non è che la struttura di tutte, e dico tutte, le storie del mondo. C’è un eroe, che vive con tranquillità le sue giornate. Improvvisamente, un evento lo costringe ad uscire dalla sua quotidianità per risolvere un problema e riequilibrare la sua vita. In questo viaggio incontrerà chi lo consiglia e chi sarà suo alleato e sarà costretto ad imparare cose nuove. Alla fine vincerà la sua sfida e tornerà a casa soddisfatto e felice. Un viaggio in cui le emozioni e i sentimenti sono una cosa fondamentale.
Come vedi, capire come funzionano le storie ti aiuta a definire e comprendere il processo d’acquisto dei tuoi potenziali clienti e, se conosci le loro motivazioni e i loro desideri puoi accontentarli meglio. E loro si fideranno di te.
A proposito, le buyer persona fanno questo: definiscono un modello di cliente partendo dai suoi comportamenti derivanti dal suo essere (si chiama Narrazione del Se) e dal contesto in cui vive (sia chiama Framing).

Secondo: parliamo di Buyer Persona.

Sono fondamentali in qualsiasi strategia di marketing e di comunicazione.
Esse sono il tuo mercato. Possiamo definirle persone che, per comportamenti e stile di vita, possono capire e accettare il tuo brand o la tua proposta di prodotto.
Ricorda che un brand o un prodotto sono sempre un’esperienza d’uso. E le esperienze conservano come piccoli racconti di vita.
Se prendiamo un prodotto, uno qualsiasi, ognuno di noi lo percepisce in maniera diversa, a seconda dell’uso che ne fa. Lo storytelling ti aiuta a definire al meglio le Buyer Persona, per il semplice fatto che esse diventano gli interpreti principali di un racconto chiamato vita in cui il prodotto o il tuo brand si inserisce.
Conoscendo le tecniche narrative, puoi delinearne il loro profilo, i comportamenti o motivi dietro le scelte che fanno. Un po’ come descrivere il personaggio principale di ogni singola avventura.
In questo modo, avrai la possibilità, non solo di accontentarle, ma anche di anticiparne i loro desideri. Hai capito la svolta?
Però, c’è un però. Le Buyer Persona non servono a nulla. Ok, era solo per attirare la tua attenzione. Come ogni racconto che funziona, il contesto è fondamentale. Se la descrizione del tuo pubblico non tiene in considerazione il momento in cui le singole persone si muovono, le Buyer Persona diventano solo un esercizio creativo.
Facciamo un esempio, con un piccola storiella.
Immagina Anna, mamma di tre bellissimi bimbi a cui dedica tutto il suo tempo.
Bene, uno scenario tipico potremmo dire. Definire questo tipo di Buyer Persona è, più o meno, semplice: verifichiamo dati, magari intervistiamo mamme nella stessa situazione, leggiamo i social per capire come le mamme si comportano, come scelgono, a quali valori fanno riferimento (una tecnica chiamata Listening) e, per non farci mancare nulla, individuiamo anche qualche bella pagina sui Social, dove le mamme si ritrovano.
Funziona, si funziona. Ma è bene saper guardare anche oltre, avendo un po’ il coraggio dell’immaginazione.
Le Buyer Persona ci descrivono quello che accade, ma partono da scenari che si stanno verificando in quel momento. Certamente, posso sapere tutto della nostra Anna che fa la mamma, perché questo è quello che accade. Ma non posso sapere quello che passa per la sua testa veramente. Quello che posso fare è ipotizzare scenari diversi e poi testare quanto le ipotesi sono concrete, e in questo la narrazione ci aiuta tantissimo. Possiamo ipotizzare Anna che cerca un momento per se stessa e riscoprire la sua giovinezza quando spensierata andava in discoteca a rimorchiare. Possiamo ipotizzare Anna che vuole tornare nel mondo del lavoro o che immagina il suo futuro quando i suoi ragazzi saranno più grandi. Possiamo ipotizzare Anna che vuole un nuovo rapporto con il compagno, smarrito dopo l’arrivo dei figli. Insomma possiamo sempre ipotizzare scenari diversi dove inserire le nostre Buyer Persona. Questo fa la differenza fra fare impresa in maniera scontata e fare impresa pesando agli altri e alle loro storie.
Poi ricorda sempre, non farti ingannare da quello che vedi sui Social, potrebbe essere un mondo di apparenze.

Terzo: la gestione dei Social Network.

A proposito di Social, succede quasi a tutti che gestire i propri canali social diventi un vero incubo.
Consolati, a molte persone capita di sentirsi frustrati dall’ansia di dover pubblicare ogni giorno qualcosa di creativo, magari che riceva tanti like (che magari non servono, ma che gratificano) e che sia interessante per chi legge, che poi sul tema dell’utilità dei contenuti potremmo scrivere un libro intero. Comunque è un vero stress. Invece, saper governare le storie aiuta a non stressarsi e a gestire i social, divertendosi.
Partiamo dalla solita premessa: quando utilizziamo i social, nella nostra vita di tutti i giorni, di fatto raccontiamo tante piccole storie, o meglio, tanti piccoli momenti di una storia più grande, che è poi la nostra vita. La stessa cosa accade quando ti racconti come azienda.
Con i social, le persone hanno opportunità di conoscerti, di capire come la pensi e come agisci, di capire quanto e perché possono fidarsi di te.
Conoscere e governare le tecniche narrative, ti permette di relazionarti con il tuo pubblico, assecondando ciò che le persone si aspettano: piccoli frammenti di una storia più grande.
Immagina una serie tv. Tanti episodi che raccontano una grande storia. In ogni episodio puoi scoprire un personaggio, un momento singolo che ha influenzato qualcosa di più grande, una sorpresa che non ti aspetti, ma che in fondo potevi anche immaginarti.
Se governi la tua storia, se sai come si costruisce, se sai quali sono gli elementi essenziali, pubblicare sui social diventa più facile.
Fai un bel respiro. Immagina la tua storia come impresa e comincia a raccontare anche i singoli momenti. Prima a te, poi agli altri. Racconta i singoli momenti del tuo viaggio quotidiano nella realizzazione della tua idea. E aggiungi a questo il fatto che non esiste un solo tipo di storia, ma tante diverse possibilità. Ecco un piccolo elenco: quando quella volta ti sentivi perso, quando un evento ti ha cambiato, quando hai scoperto che è possibile fare qualcosa, quando scopri che essere motivato è meglio che avere un obiettivo, quando ti rendi conto che non potresti far altro nella vita, quando c’è qualcuno che la pensa come te, quando hai imparato ciò che non sapevi e hai potuto metterlo in pratica. Un elenco con tantissime possibilità.
Infine, un piccolo trucco: si curioso con te stesso, con la tua vita e con quello che fai. Vedrai, allora, quante cose da raccontare avrai.
Che poi, aiuta e fa la differenza, questo è anche importante per un altro momento narrativo: il personal branding.

Quarto: il persona branding. L’arte di farsi apprezzare dalle persone e generare fiducia.

Ci piace essere apprezzati per quello che facciamo, ci piace che le persone abbiano fiducia in noi e ci piace ricevere attenzione quando diciamo qualcosa che riteniamo importante. Occuparsi del proprio personal branding vuol dire imparare, fra l’altro, a gratificarsi con questi momenti.
Vale per le singole persone, vale tantissimo per gli imprenditori che raccontano la loro impresa, rafforzando il brand.
Ma voglio dirti una cosa: il giudizio che le persone hanno di te dipende da tanti fattori che non puoi gestire direttamente. Perché quello che dici, quello che fai, quello che proponi, sono sempre filtrati dall’esperienza di chi ti sta ascoltando e, di conseguenza, giudicando.
Ci sono delle cose degli altri che non puoi gestire: la rabbia, l’invidia, la noia, ma anche la felicità, l’allegria o l’euforia. Sono tutti stati d’animo che influenzano la capacitò di giudicare delle persone. È complicato gestire gli stati d’animo altrui, è praticamente impossibile in un epoca digitale come la nostra.
Quello che puoi governare è l’essere un bravo professionista, capace, competente, disponibile, che poi diventa la tua narrazione personale. Magari prima con te stesso, poi con gli altri.
C’è un tema fondamentale da ricordare sempre, ma che molti tralasciano.
Come ho detto, la narrazione coinvolge le emozioni, i sentimenti, coinvolge la parte empatica di tutti noi. Questa è la forza di un Personal Branding attento all’utilizzo corretto delle tecniche narrative: raccontare di se agli altri, mostrando quello in cui si crede, i valori che ci guidano e che sono il nostro riferimento. Il coraggio di saper vedere il proprio destino.
Personal Branding non vuol dire “guarda come sono bravo”, semmai, “questo sono io, questo è quello in cui io credo e che mi motiva ogni giorno. Posso esserti utile?
Perché, prima di essere apprezzato per la tua competenza, la tua bravura, la tua capacità di risolvere i problemi, devi entrare a far parte della vita delle persone. In definitiva, le persone amano fidarsi di chi può comprenderle, prima che aiutarle.
Che poi, potrebbero non capire quanto sei preparato e competente perché non è la loro materia, e se ci pensi bene e ti sarà capitato tante volte. Ma capiscono benissimo se hai la sensibilità per comprendere e riconoscere il loro essere prima di tutto un persona.
Fare Personal Branding passa attraverso la narrazione della propria storia, del proprio modo di essere, per raccontare ciò che fai e come lo fai, attraverso ciò che sei.

Quinto, quello a cui tengo di più. Comunicare in maniera efficace.

Ebbene si, ho un debole per lo Storytelling, perché mi aiuta a comunicare e a creare una relazione con i miei interlocutori.
La narrazione, come strumento di comunicazione, esiste da sempre, da quando l’uomo ha cominciato a disegnare nelle caverne in cui si rifugiava. Un modo per trasferire esperienze ad altri e lasciare il proprio contributo all’evoluzione. Oggi, come sai, la comunicazione e la pubblicità ne fanno un grande uso, perché è il modo più diretto per arrivare al cuore e alle emozioni delle persone. Che poi questo vale non solo per la pubblicità, ma anche nella vita di tutti i giorni.
Le tecniche narrative ci aiutano a toccare le corde delle emozioni, ci permettono di allineare il nostro dialogo alla comprensione di chi ci ascolta senza l’utilizzo di concetti esclusivamente tecnici che, invece, potrebbero allontanare da noi chi ci ascolta. Parliamo con il cervello, ma elaboriamo i concetti con le emozioni e se usiamo quest’ultime nei nostri processi comunicativi tutto diventa più facile.

Ricorda: lo Storytelling è l’arte di governare le storie, ma soprattutto è uno strumento potentissimo per connettersi con le persone: capirle, relazionarci con loro ed entrare a far parte della loro vita, come invitati. Il marketing deve utilizzarlo? Si, perché oggi le aziende devono essere un tutt’uno con la società in cui sono inserite, ma c’è un impegno da prendere: la verità.
Se scrivi un libro, se usi le storie come strumento di creatività è sufficiente che le storie che racconti siano verosimili, in sostanza che raccontino qualcosa che potenzialmente può accadere. Ma se racconti di te, come azienda o come professionista, le persone si aspettano verità, sempre e comunque, ed è li che il tuo viaggio con lo storytelling deve portarti.

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Beniamino Buonocore
Il bello di un sogno nel cassetto è aprire il cassetto e realizzarlo. La comunicazione e il marketing, in momenti diversi, aiutano a rendere la propria idea di impresa qualcosa di reale e per cui, poi, vale la pena dedicare le proprie energie. Il mio lavoro è aiutare le imprese e i professionisti a raccontare la loro idea, il loro modo di lavorare, il loro modo di essere e, in questo modo, renderle uniche. Mi occupo di comunicazione da tanti anni.

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