sabato, Luglio 27, 2024

Tempi che cambiano, comunicazione che cambia.

Se le cose non fossero in continua evoluzione, la nostra vita sarebbe una noia pazzesca, e questo sta accadendo anche nella realtà della Comunicazione d’Impresa, dove molte cose sono in evoluzione, costringendoci a nuove riflessioni fatte in questo articolo), e all’elaborazione di nuovi modelli. Tanto per non annoiarsi.

E il tema sarà anche capire l’efficacia di questi nuovi modelli, che indipendentemente dalle abilità dialettiche (e comunicative) nel presentarli, avranno poi bisogno di un’attenta verifica sul campo, sperando che nel frattempo le cose non cambino ancora.

Oggi, viviamo in una società sempre più liquida, una società dove il concetto di Social si espande oltre lo strumento Social Network che tutti conosciamo (Facebook, Instagram, Twitter). E in effetti, questi sono strumenti che abbiamo a disposizione, attraverso il web, per esprimere in maniera più forte l’idea, innata nell’uomo, di gruppo, ovvero di appartenenza.

Il concetto di appartenenza è fondamentale per comprendere quanto la comunicazione debba sapersi adattare e ripensarsi. Il passaggio di informazioni tra soggetti di uno stesso gruppo, infatti, non solo rafforza e protegge il gruppo, ma favorisce l’evoluzione del gruppo stesso, all’interno del quale i soggetti si influenzano l’uno con gli altri.

In tema di comunicazione, a mio avviso, questo rafforzamento dei gruppi, grazie allo strumento Social Network, è un passaggio rilevante. I Social creano, e impongono, uno stato di relazione e dialogo permanente, a cui si è obbligati a partecipare, se si vuole appartenere al gruppo.

I Social (come idea e non come mezzo), hanno amplificato l’idea di condivisione, di relazione continua; hanno dato tangibilità al concetto di appartenenza, e mostrato la forza del gruppo Sociale.

È vero, tuttavia, che non sempre questo porta a risultati di crescita dell’intelligenza collettiva; anzi, spesso vediamo amplificarsi idee che hanno logiche portate all’estremo, o addirittura, sciocchezze assunte a verità assolute. Ma questo è il naturale processo di qualcosa che è in piena evoluzione e che dovrà imparare da se stesso, dagli errori e dalle esperienze. In fondo, è come un bimbo, un po’ monello, che cresce e scopre il mondo.

E comunque ci sono almeno due riflessioni interessanti da fare;

  • a prima è che non stiamo assistendo a qualcosa di diverso dall’idea di gruppo che conosciamo dalla sociologia; semmai la novità la troviamo nella velocità con cui l’idea di gruppo si sviluppa, e la velocitàcon cui le informazioni (e le esperienze) viaggiano all’interno dei gruppi stessi;
  • la seconda, forse più istruttiva, è come la dinamicità delle informazioni, del confronto, e di tutte le possibilità di relazione che possono costruirsi attraverso la rete, favoriscano l’ingresso e l’uscita delle persone dai gruppi sociali con una facilità e velocità impensabili fino a meno di un decennio fa (e su questo i brand dovrebbero riflettere profondamente).

In sostanza assistiamo ad uno spostamento dell’equilibrio tra “identità forti” e “identità deboli”, con una sempre più incisiva predominanza di quest’ultime. E la sempre minore capacità delle storiche “identità forti” di fungere da riferimento per le persone nella complessità della loro vita.

In questo contesto Social, la comunicazione diventa il tramite di collegamento tra le imprese e la società, in un dialogo continuo, in cui i ruoli dei componenti del gruppo hanno tutti lo stesso valore.

L’obiettivo del comunicatore, dunque, diventa la relazione, il dialogo, e la partecipazione ai gruppi sociali. Il che sottintende: capacità di chiarezza, e trasparenza nella relazione.
È in questo contesto che la comunicazione cambia la sua funzione (e il suo significato), trasformandosi in strumento per favorire le relazioni necessarie all’appartenenza ad uno o più gruppi. Compito del comunicatore è favorire questa partecipazione.

Compito del comunicatore è favorire questa partecipazione.

Per le imprese è terminato il tempo del messaggio e dell’informazione che “cambia la vita”. Per le imprese, oggi, l’imperativo è partecipare alla società: far parte dei gruppi sociali, con tutti gli obblighi e le responsabilità che derivano da questa posizione.

In questo scenario, le Strategie di Comunicazione devono adattarsi e concentrarsi su (almeno) due aspetti, che mi sembrano immediatamente importanti:

  • la prima è che la strategia di comunicazione sia liquida, ovvero che sia costruita sulla relazione e non sul messaggio;
  • la seconda è rafforzare l’identità delle imprese (ovvero dei Brand) perché queste siano capaci di essere riferimento per le persone.

L’era delle aziende con il “cliente al centro” ha fatto il suo tempo, perché i tempi sono cambiati. Per le imprese è fondamentale potersi identificare all’interno dei gruppi sociali, e dunque essere riconosciute per le loro idee, e per le loro convinzioni, per diventare parte attiva delle Società in cui vogliono essere attive.

A pensarci bene, è uno scenario avvincente.
In fondo, la comunicazione d’impresa ha, da sempre, la necessità di adattarsi alla società, ovvero alle persone, che sono l’altro soggetto comunicante. E in fondo non c’è nulla di nuovo se non la conferma che quello del comunicatore è un “mestiere” fantastico. Le variazioni della società, e dei modelli comunicativi all’interno di essa, hanno sempre richiesto alla comunicazione d’impresa la capacità di ripensarsi ogni volta, e anche questa volta. Tanto per non annoiarsi.

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Beniamino Buonocore
Il bello di un sogno nel cassetto è aprire il cassetto e realizzarlo. La comunicazione e il marketing, in momenti diversi, aiutano a rendere la propria idea di impresa qualcosa di reale e per cui, poi, vale la pena dedicare le proprie energie. Il mio lavoro è aiutare le imprese e i professionisti a raccontare la loro idea, il loro modo di lavorare, il loro modo di essere e, in questo modo, renderle uniche. Mi occupo di comunicazione da tanti anni.

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